For the ENGLISH version click HERE
Ciao a tuttə, bentornatə ad un nuovo numero di Sfogliando l’Italia! Se siete finitə qui per caso, ci presentiamo: io che scrivo sono Rossella, l’editing è invece fatto da Alex (tra l’altro oggi è il suo compleanno! Tanti auguri tesoro, stai diventando “vintage”! :D) e vi diamo un caloroso benvenuto sulla newsletter bisettimanale dedicata all’Italia!
Se vi va di passare un po' di tempo in nostra compagnia, vi racconterò curiosità sull’Italia, vi consiglierò film e/o serie tv e anche cose da vedere e da mangiare nel Bel Paese.
Siamo già verso la fine di giugno (il tempo vola, non è vero?), è arrivata l’estate e per festeggiare l’arrivo del sole e del caldo ho deciso di portarvi… in montagna! Eh sì, in questo numero scappiamo dal caldo, andiamo in alta quota dove l’aria è più fresca, ad esplorare una regione piccola (e forse poco conosciuta) dell’Italia ma che ha tantissimo da offrire: venite con noi su nelle montagne del Nord Italia a scoprire la Val d’Aosta!
Se vi piace l’idea di essere in mia compagnia per un po’, potete iscrivervi a questa newsletter cliccando il bottone qui sotto.
Sfogliando l’Italia è una newsletter gratuita ma se vuoi, puoi offrirci un caffè per supportare il nostro lavoro e permetterci di offrirti sempre più contenuti interessanti! Inoltre se leggi questo numero fino alla fine potrai scoprire che cos’è il caffè alla valdostana! :D
Preparate i pop corn!
Come accennato nell’intro, oggi andiamo molto a nord, in mezzo alle montagne valdostane ed è proprio qui che viene spedito il protagonista della serie TV che vi consiglio oggi: Rocco Schiavone.
Costui è un burbero poliziotto, insofferente alle regole che nasconde un oscuro segreto e che per motivi disciplinari viene trasferito da Roma, sua città natale, ad Aosta, una città del profondo nord con una cultura molto diversa da quella a cui lui è abituato.
![](https://substackcdn.com/image/fetch/w_1456,c_limit,f_auto,q_auto:good,fl_progressive:steep/https%3A%2F%2Fsubstack-post-media.s3.amazonaws.com%2Fpublic%2Fimages%2F9e64ad55-942b-413d-b299-f8d65c9961b8_1200x675.heic)
La serie è trasmessa da Rai 2 ed è ancora in corso, ci sono ben 5 stagioni per un totale di 20 episodi da circa 100 minuti l’uno e l’attore protagonista Marco Giallini è secondo me, un’ottima scelta per interpretare il tenebroso ed incompreso vicequestore. Ho visto due suoi film di genere completamente diverso (commedie) dove è stato bravissimo e ve li consiglio (considerateli come “suggerimenti bonus” di questo numero): Tutta colpa di Freud e Perfetti sconosciuti.
Ma torniamo alla serie: Rocco Schiavone è girata quasi interamente ad Aosta e dintorni e gli episodi seguono le investigazioni del vicequestore che risolve i crimini usando spesso metodi che potremmo definire “al limite della legalità”. Ammetto di non amare molto lo stereotipo del “poliziotto che infrange le regole per farsi giustizia” però a differenza di molti polizieschi, almeno in questa serie c’è una trama di fondo che spiega, o almeno cerca di spiegare, il perché dei comportamenti del protagonista.
Schiavone è rimasto vedovo e la morte della moglie gioca un ruolo fondamentale nella sua vita e nelle sue scelte. Non mi dilungo troppo sia perché non voglio farvi spoiler, sia perché ho tante cose da raccontarvi nella prossima sezione. Se guardate (o avete già visto) la serie, ditemi cosa ne pensate in un commento!
Dove andiamo oggi?
Dal momento che sta arrivando il caldo (anzi, a giudicare dalle temperature che ci sono a Velletri in questi giorni, direi che è già arrivato) per questo numero ce ne andiamo sulle montagne valdostane, così stiamo più freschi!
Prima di partire all’avventura però, vediamo un paio di cose tecniche riguardo questa regione: la Valle d’Aosta.
Si tratta di una delle regioni italiane a statuto speciale, e cioè ha delle particolari condizioni di autonomia.
Non sto qui a spiegarvi tutto nel dettaglio perché sarebbe noiosissimo ma ve la faccio breve: in Italia ci sono 5 regioni a statuto speciale, e cioè regioni che hanno più autonomia rispetto alle altre per diversi motivi (o perché in passato hanno subìto dominazioni o annessioni ad altri territori o perché hanno una posizione particolare con esigenze particolari) e questa autonomia si vede per esempio in campo amministrativo (possono emanare leggi di rango costituzionale, cioè leggi che hanno lo stesso valore delle norme della costituzione, mentre le leggi delle altre regioni sono subordinate alla costituzione) e in campo finanziario (possono introdurre proprie tasse a seconda delle necessità).
La Valle d’Aosta, nel nostro caso specifico, è una regione a statuto speciale sia per la sua posizione, sia per la conformazione del suo territorio. Si trova infatti al confine con la Francia e con la Svizzera e perciò è una regione bilingue (tutti gli abitanti studiano sia l’italiano sia il francese ed anche tutti i cartelli, i segnali stradali e le insegne sono sia in italiano sia in francese) ed è una regione montuosa (sul serio, il territorio è quasi al 100% montano!).
Si trova proprio in mezzo alle Alpi, tra le cime più alte d’Italia come il Monte Bianco (4808,72 metri), il Monte Rosa, (4634 metri) il Cervino (4478 metri) e il Gran Paradiso (4061 metri), i cosiddetti “Giganti della Valle' d’Aosta” (chiamati così perché superano i 4000 metri di altezza).
![](https://substackcdn.com/image/fetch/w_1456,c_limit,f_auto,q_auto:good,fl_progressive:steep/https%3A%2F%2Fsubstack-post-media.s3.amazonaws.com%2Fpublic%2Fimages%2F6f8f604e-0fe7-4cb3-b2bf-e0c5d5f0b348_1200x843.heic)
Dato che la regione è praticamente fatta di montagne, i comuni che si sono sviluppati sono pochi e sono tutti nei fondi valle (ed è anche per questo motivo che la Valle d’Aosta è la regione italiana con il minor numero di abitanti).
Dunque, starete pensando: “Rossella, ma se è una regione con pochi abitanti, ed è fatta solo di monti, perché ce ne parli? Cosa ci sarà mai da vedere?” ed io vi rispondo con un proverbio italiano: “nella botte piccola c’è il vino buono! (o nel caso di questa regione, la grappa!)”
Sebbene la Valle d’Aosta sia piccola ci sono una valanga di cose da vedere (ok, data la location forse non ho scelto l’espressione migliore :D) perché è una regione che vive di turismo!
Oltre alle numerose stazioni sciistiche, ed ai meravigliosi paesaggi naturali, ci sono anche castelli medievali e naturalmente… anche qui ci sono piatti tipici! Ma andiamo con ordine e cominciamo dalla storia anzi, dalla leggenda.
![](https://substackcdn.com/image/fetch/w_1456,c_limit,f_auto,q_auto:good,fl_progressive:steep/https%3A%2F%2Fsubstack-post-media.s3.amazonaws.com%2Fpublic%2Fimages%2F167c5367-55f4-40e7-963f-597449f44e01_1125x750.heic)
Il maniero che vedete nella foto qui sopra è il Castello di Graines, una struttura che risale al medioevo e che oggi, grazie ad un programma di restauro è liberamente accessibile. Come potete vedere oggi non rimane molto dello splendido castello che sorgeva una volta su queste montagne, tuttavia, c’è una piccola leggenda legata a questo posto che vorrei raccontarvi.
Si narra che sotto il maniero sia stato sepolto un tesoro. Nessuno sa dove si trovi esattamente e perciò non è mai stato trovato ma tanto, tanto tempo fa, un giovane mandriano fece un sogno. Il giovane sognò una voce che gli indicò il punto esatto dove avrebbe dovuto scavare. La voce però gli disse anche che una volta trovato il tesoro doveva scappare subito! Doveva assolutamente lasciare il nascondiglio prima che il gallo cantasse tre volte.
Il mandriano si svegliò la mattina dopo e ripensando al sogno decise di andare a cercare il tesoro ma pensò che era meglio farlo col favore delle tenebre, dunque aspettò che arrivasse notte fonda prima di cominciare la sua avventura.
Quella notte l’uomo seguendo i consigli della voce, trovò una botola, entrò in un nascondiglio sotterraneo e vi trovò oro, gemme, pietre preziose… la grotta era piena e tutto luccicava e brillava come se fosse giorno! Il mandriano non aveva mai visto così tante ricchezze tutte insieme e rimase lì ad osservarle ammirato, senza accorgersi che il tempo passava… e il gallo cantò la prima volta, poi la seconda, poi la terza e poi… la botola si chiuse senza far alcun rumore, intrappolandolo per sempre nella caverna incantata.
![](https://substackcdn.com/image/fetch/w_1456,c_limit,f_auto,q_auto:good,fl_progressive:steep/https%3A%2F%2Fsubstack-post-media.s3.amazonaws.com%2Fpublic%2Fimages%2F5570330a-64df-47df-8318-a82a4c6b7baa_1600x1072.heic)
La Valle d’Aosta ha tantissimi castelli, alcuni dall’aspetto talmente fiabesco che danno l’impressione di essere in una delle favole classiche come Cenerentola o la Bella e la Bestia.
Quelli che mi hanno colpita di più sono il Castel Savoia ed il Castello di Fenis: il primo è stato il castello della regina Margherita di Savoia, moglie di Umberto I e prima regina consorte d’Italia. Il castello è così come lo vediamo oggi proprio dietro richiesta della regina che ha supervisionato i lavori dall’inizio alla fine e vi ha soggiornato per molto tempo (soprattutto dopo la morte del re, quando dunque aveva “solo” il ruolo di “regina madre”) circondandosi di ospiti illustri (come il poeta Giosuè Carducci per citarne uno).
![](https://substackcdn.com/image/fetch/w_1456,c_limit,f_auto,q_auto:good,fl_progressive:steep/https%3A%2F%2Fsubstack-post-media.s3.amazonaws.com%2Fpublic%2Fimages%2F3294aa7c-77e2-4189-b66f-4402da6acf3c_4000x2668.heic)
Il Castello di Fenis invece era la residenza di caccia del re Vittorio Emanuele II ed è il castello più famoso di questa regione forse perché è uno dei castelli medievali meglio conservati in Italia.
Naturalmente è possibile visitarlo: superando la doppia cinta muraria si accede al pianterreno dove c’è la sala d’armi, il refettorio per i soldati e la cucina. Al primo piano ci sono le stanze dei nobili e dei signori ma la cosa che secondo me rende questo castello veramente “fiabesco” è il cortile interno.
Nel cortile c’è uno scalone semicircolare con sopra un affresco che mostra San Giorgio che uccide il drago. Immaginate: state passeggiando nel cortile di un castello, fuori c’è una magnifica valle con una vista spettacolare e all’interno del cortile c’è un affresco con un drago! Sono sicura che visitare questo posto è un’esperienza… da favola!
![](https://substackcdn.com/image/fetch/w_1456,c_limit,f_auto,q_auto:good,fl_progressive:steep/https%3A%2F%2Fsubstack-post-media.s3.amazonaws.com%2Fpublic%2Fimages%2Fe0b66b1d-1f32-46e0-81c6-f45830ff13ce_1920x1282.heic)
Lasciamo da parte i castelli e le favole e continuiamo il nostro viaggio in questa magnifica regione. Già perché la Valle d’Aosta non è solo castelli, qui c’è infatti il più importante parco nazionale italiano, istituito nel 1922 tra Valle d’Aosta e Piemonte e conosciuto come il Parco Nazionale del Gran Paradiso.
Andiamo dunque nel comune di Valsavarenche (la cui pronuncia è diversa a seconda della lingua ma la principale è quella francese “valsavaʁɑ̃ʃ”) che ha solo 171 abitanti ed è situato nel cuore del Gran Paradiso.
Questa valle è la mèta preferita dagli escursionisti perché da qui partono tantissimi sentieri che attraversano il parco ed è possibile vedere animali selvatici come camosci, stambecchi, marmotte e volpi; inoltre qui è possibile praticare diversi tipi di sport dallo sci di fondo alle passeggiate con racchette da neve mentre in estate vince su tutti il trekking con percorsi per tutti i livelli, inclusi quelli per i più coraggiosi come il canyoning e l’arrampicata lungo le sponde rocciose del torrente Savara.
![](https://substackcdn.com/image/fetch/w_1456,c_limit,f_auto,q_auto:good,fl_progressive:steep/https%3A%2F%2Fsubstack-post-media.s3.amazonaws.com%2Fpublic%2Fimages%2F9e842ef0-ea50-49a8-b6d0-2a736e78e9f5_1024x683.heic)
Non posso raccontarvi tutto del parco perché ci sono talmente tante attività, eventi e percorsi che non finiremmo più, però un paio di cose ci tengo a menzionarle.
Prima fra tutte è l’importanza di questo posto che nasce nel 1922 e il cui obiettivo principale è la salvaguardia delle specie a rischio estinzione. L’animale simbolo del Gran Paradiso è lo stambecco ed è stato anche il primo animale ad essere protetto ma la storia di come si è arrivati a proteggerlo è più antica del parco stesso e non è come uno potrebbe immaginarla.
In passato gli stambecchi così come tanta altra fauna alpina, erano oggetto di caccia indiscriminata fino a quando, nel 1821, il re di Sardegna Carlo Felice decide che è giunto il momento di smetterla ed emana una legge che ne proibisce la caccia.
Re Carlo era forse amante degli stambecchi? Più o meno. Ciò che amava era il valore economico che questi animali avevano e li voleva tutti per sé, dunque nessun altro (eccetto lui, il re) poteva cacciarli.
Passano gli anni, arriviamo al 1850 ed il re Vittorio Emanuele II, in visita nella zona, decide di fare una battuta di caccia e, trovando una grande varietà di animali decide di costituire in quelle valli una Riserva reale di caccia.
Naturalmente gli abitanti del posto non erano tanto contenti ma accettano la situazione senza ribellarsi perché sanno che avere il re da quelle parti avrebbe portato benessere. In effetti un po' di miglioramenti ci sono stati come per esempio la costruzione di una fitta rete di mulattiere che ovviamente servivano al re per spostarsi a cavallo nella riserva ma che sono percorribili ancora oggi.
Le cose sono rimaste così anche per i successori di re Vittorio Emanuele II (e cioè Umberto I e Vittorio Emanuele III) fino al 1913 quando c’è stata l’ultima battuta di caccia e nel 1919 re Vittorio Emanuele III cede i territori del Gran Paradiso allo Stato Italiano, indicando però una condizione: trasformare l’area in un parco nazionale per la protezione della flora e della fauna alpina.
![](https://substackcdn.com/image/fetch/w_1456,c_limit,f_auto,q_auto:good,fl_progressive:steep/https%3A%2F%2Fsubstack-post-media.s3.amazonaws.com%2Fpublic%2Fimages%2F73b57c3c-0365-41fa-8e8c-24e4ce4a1cfa_1200x794.heic)
Oggi il Parco ha proprio questo come compito primario ma negli anni è diventato così famoso da essere meta di turisti italiani e non, ed il turismo non è legato solo all’aspetto naturale del sito.
Un esempio è il turismo religioso: chiunque passeggi per i sentieri di montagna può ammirare piloni votivi, cappelle in pietra e tanti altri “angoli religiosi” tant’è vero che ci sono numerose processioni e pellegrinaggi proprio in queste zone.
Nelle valli dentro e intorno al Parco, ci sono poi centri e musei dedicati alle tradizioni del posto ed ai mestieri che oggi non esistono più come il Museo dello spazzacamino di Locana e l’Ecomuseo delle Valli Orco e Soana (dove si può vedere una fucina da rame recuperata e riallestita).
![](https://substackcdn.com/image/fetch/w_1456,c_limit,f_auto,q_auto:good,fl_progressive:steep/https%3A%2F%2Fsubstack-post-media.s3.amazonaws.com%2Fpublic%2Fimages%2F8984dad9-c73d-41ba-b8f5-f409d8665d5f_1067x800.heic)
Non mancano certamente feste tradizionali e leggende legate a queste terre: pensate che sul sito ufficiale del Parco c’è una pagina dedicata a tutte le storie, i libri e le poesie che lo raccontano (e naturalmente metto tutti i link sotto se volete approfondire).
Non mi dilungo oltre perché è il momento di passare alla sezione successiva, in altre parole: si mangia! :D
Per approfondire: il castello medievale di Graines, il restauro e la leggenda; il Castel Savoia e Castello di Fenis; altri castelli della Valle d’Aosta; Valle d’Aosta su Wiki; il comune di Valsavarenche e il Parco Nazionale Gran Paradiso su Wiki, il loro sito ufficiale, e la pagina dedicata alla letteratura.
E ora parliamo di cibo!
Cosa si mangia di buono in Val d’Aosta? Come per ogni numero la sezione sul cibo è la mia preferita ma è anche la più difficile perché ci sono così tanti piatti e cose deliziose che la scelta è dura! Alla fine però ogni dubbio si risolve, ogni nodo si scioglie… proprio come il formaggio della ricetta di oggi: e allora parliamo un po' della Fonduta alla Valdostana.
In realtà la paternità della fonduta è stata oggetto di discussioni non solo tra alcune regioni italiane (e cioè la Valle d’Aosta e il Piemonte) ma anche tra l’Italia ed altri paesi (e cioè Svizzera e Francia)!
Ciononostante la piccola regione montana, protagonista di questo numero, è riuscita a spuntarla, forse proprio perché è anche produttrice dell’ingrediente principale: la Fontina valdostana (oggi prodotto DOP).
C’è però una leggenda che farebbe risalire la creazione della fonduta al tredicesimo secolo: un monaco svizzero chiamato Vacarinus, voleva mangiare un po' di formaggio ma durante il periodo di Quaresima non era permesso così decide di fondere la sua forma sostenendo che una volta sciolto, questo non avesse più il sapore del formaggio vero e proprio. Naturalmente la sua azione è stata discussa e criticata dagli altri monaci e dai suoi superiori ma alla fine, secondo questa storia, il monaco avrebbe avuto successo, ottenendo il permesso di mangiare anche durante la Quaresima una “zuppa di formaggio”!
Comunque, che sia stata inventata dai monaci in Svizzera o dai Savoia in Piemonte o perfino dai francesi, la fonduta resta un piatto delizioso ed oggi vediamo la versione alla valdostana.
![](https://substackcdn.com/image/fetch/w_1456,c_limit,f_auto,q_auto:good,fl_progressive:steep/https%3A%2F%2Fsubstack-post-media.s3.amazonaws.com%2Fpublic%2Fimages%2F6d4c2ffd-ac33-4a64-8abe-8877e064ce6e_900x600.heic)
Gli ingredienti per questa ricetta sono pochissimi o tantissimi a seconda dei punti di vista.
Mi spiego meglio.
Per preparare la fonduta occorrono: la fontina, le uova, il latte, il burro e un po' di pepe nero ma una volta pronta si può accompagnare con qualsiasi cosa, dalle patate ai crostini e persino carne, pesce, verdure, frutta… insomma, il limite è la fantasia!
La preparazione è facile: basta tagliare e affettare il formaggio, coprirlo con il latte e lasciarlo in frigo per una notte. Dopodiché si scola il formaggio dal latte tenendo quest’ultimo da parte, si mette il formaggio a bagnomaria facendolo sciogliere a fuoco medio e quando è un po' più fluido si aggiungono le uova ed il burro.
Il latte che è stato messo da parte prima, va aggiunto verso fine cottura per regolare la densità della fonduta in modo da non ottenerla né troppo liquida né troppo compatta.
La caratteristica di questo piatto è che viene servito in un tegame specifico per fondute, che ha un fornellino sul fondo in modo da tenerla in caldo e mantenerne la fluidità.
Altra curiosità di questo piatto è che si può certamente spolverare con il pepe ma non si aggiunge sale!
Alla base della Fonduta alla Valdostana c’è la Fontina, un formaggio DOP (cioè denominazione di origine protetta) prodotto proprio in Val d’Aosta, la cui origine è antichissima.
Pensate che è un formaggio talmente famoso ed apprezzato che nel 2016 è stato inserito dal Wall Street Journal tra i 26 formaggi mondiali consigliati e secondo un articolo de “il sole 24 ore”, la Fontina vale oltre 42 milioni di euro tant’è che nell’articolo viene definita “L’oro bianco della Valle d’Aosta”!
Personalmente ho mangiato la fonduta solo una volta ma non era “quella originale” ed è sicuramente un piatto che vorrei provare però… penso che aspetterò quest’inverno per farlo! :D
Curiosità in italiano
Siamo in chiusura ma prima di lasciarvi, come sempre vi ringrazio per essere arrivati fino alla fine di questo numero e vi aspetto fra due settimane con altre storie, altri luoghi e altri piatti!
Se questo numero vi è piaciuto fatecelo sapere cliccando sul cuoricino e condividete la newsletter con i vostri amici!
Vi racconto un’ultima piccola curiosità che ho scoperto facendo le ricerche per questo numero.
Lo sapevate che… il caffè alla valdostana è una bevanda alcolica?
Ebbene sì, questa bevanda è a base di caffè ma anche grappa e genepì (un liquore a base di erbe). È una bevanda che ha origini antiche (pare si sia diffusa tra il Cinquecento e il Seicento) e che fa parte del folklore e della cultura popolare della Val d’Aosta tant’è che non viene servita in una comune tazzina da caffè ma in un calice specifico chiamato “coppa dell’amicizia”.
![](https://substackcdn.com/image/fetch/w_1456,c_limit,f_auto,q_auto:good,fl_progressive:steep/https%3A%2F%2Fsubstack-post-media.s3.amazonaws.com%2Fpublic%2Fimages%2F3d00b57d-411b-4066-8448-8d85cddd8b5d_1200x675.heic)
Questo oggetto infatti è una vera e propria coppa in legno intagliata, che ha tanti beccucci separati in modo tale che ogni commensale può bere un sorso.
Come sempre ciò che colpisce è l’attenzione ai dettagli: persino il legno scelto per preparare questa coppa non è casuale, bensì si preferiscono quelli di noce, frassino e mogano perché esaltano il sapore e resistono meglio al calore.
Secondo la tradizione, la coppa va fatta girare “à la ronde” (cioè in senso orario) e il giro va ripetuto più volte fino a terminare il caffè. Questo perché una volta alzata, la coppa non deve essere appoggiata sul tavolo finché non è stata svuotata!
Come si prepara questo caffè?
Per prima cosa bisogna preparare l’espresso (con la classica moka) e nel frattempo scaldare la grappa ed il genepì a bagnomaria.
Quando il caffè è pronto si versa nella coppa e si aggiungono la grappa, il genepy e poi lo zucchero e le scorze di limone ed arancio.
Una caratteristica di questo caffè è che lo zucchero e l’alcol non vanno solo nella coppa ma anche sull’orlo, questo perché prima di servire la bevanda bisogna letteralmente darle fuoco!
Questo passaggio serve a caramellare lo zucchero; naturalmente prima di servire il caffè agli ospiti si spegne il fuoco coprendo la coppa con il suo coperchio.
E voi avete mai provato il caffè alla valdostana? Nel vostro paese si beve il caffè o si preferisce qualche altra bevanda? E come si prepara? Fatemelo sapere in un commento!
Sfogliando l’Italia è una newsletter gratuita ma se vuoi, puoi offrirci un caffè per supportare il nostro lavoro e permetterci di offrirti sempre più contenuti interessanti! Tra l’altro, te l’ho detto che oggi è il compleanno di Alex? Magari per festeggiare ci prendiamo un caffè alla valdostana! :D
Inoltre, se stai studiando l’italiano puoi prenotare una lezione su Italki con me o con il mio compagno Alex. :)